In
Trentino il 76% dei boschi del territorio provinciale è considerato bene
collettivo. Le foreste rappresentano un patrimonio delle comunità, gestito dai
proprietari con il supporto delle strutture tecniche forestali della Provincia
autonoma di Trento.
In Trentino esiste una variabilità dei boschi “estrema”, che
copre il 56% della superficie del territorio regionale: leccete, fustaie di
pino cembro, lariceti, mughete e antaneti.
Per quanto riguarda l’utilizzo dei boschi , i periodi storici
del ’700 e dell’800 sono stati caratterizzati da dissodamenti selvaggi sulle
pendici montane. La prima metà del ’900 è connotata dai tagli eccessivi dovuti
alle due guerre mondiali e da un’utilizzazione poco sostenibile nel periodo tra
le due guerre.
Negli
anni ’20 e ’30 si verificano utilizzazioni intense e discutibili a opera dei
proprietari dei boschi e la diffusione di stretti controlli per limitare i
danni dovuti ai tagli abusivi e al pascolo distruttivo (soprattutto delle
capre).
Nella seconda metà del ’900 si attua un cambiamento radicale nella gestione forestale, orientando la selvicoltura su criteri naturalistici. Si cerca di ricreare la sintonia dell’ecosistema forestale con le caratteristiche climatiche e di fertilità, valutando oltre all’aspetto produttivo anche quello ecologico. Ci si orienta così a ottenere soprassuoli più disetanei (piante di età differenti) e con più spiccate varietà compositive.
Nella seconda metà del ’900 si attua un cambiamento radicale nella gestione forestale, orientando la selvicoltura su criteri naturalistici. Si cerca di ricreare la sintonia dell’ecosistema forestale con le caratteristiche climatiche e di fertilità, valutando oltre all’aspetto produttivo anche quello ecologico. Ci si orienta così a ottenere soprassuoli più disetanei (piante di età differenti) e con più spiccate varietà compositive.
In
questo periodo inizia perciò un’intensa attività di rimboschimento di zone
idrogeologicamente dissestate e incolte. Questi rimboschimenti sono stati
eseguiti usando prevalentemente il PINO NERO, una specie molto rustica e
adattabile importata dall’Austria, in grado di colonizzare terreni poveri e di
preparare il suolo ad accogliere specie forestali più esigenti (specie relitta
pioniera). Oltre che per la funzione colonizzatrice, questa conifera venne
introdotta per garantire legname per la costruzione di trincee e infrastrutture
in tempo di guerra.
Al
giorno d’oggi, la Regione Autonoma Trentino sta attivando una politica di
abbattimento selettivo degli alberi di pino nero austriaco.
Il dirigente del distretto forestale di Rovereto
e di quello di Riva del Garda, Giorgio Zattoni, fa presente che questa conifera
bonificatrice ha concluso il suo ciclo e deve lasciare il posto alle latifoglie
tipiche della fascia sub-mediterranea, primo fra tutte il frassino minore (orniello).
Inoltre, la diffusione sempre più incontrollata della
processionaria del pino (Thaumetopoea pityocampa), lepidottero che defoglia le
piante e le cui larve hanno peli urticanti, ha aumentato la necessità di
abbattimento di queste conifere.
Essendo
possibile per i cittadini della regione Trentino, richiede l’assegnazione di
parti di bosco di proprietà collettive, per il recupero di legname ad uso
domestico e rurale, il Corpo Forestale dello Stato collabora con la
cittadinanza nella selezione e nel controllo dell’abbattimento degli alberi,
tra cui il pino nero.
Quest’anno l’Albero di 30 Piani ha richiesto la propria parte
di bosco, e con paziente lavoro sono stati raccolti circa 70
quintali di legna da ardere di pino nero, compresa la ramatura dei fusti,
lasciando così il bosco in grado di rigenerarsi più facilmente.
Ecco il video dell'abbattimento di un albero!
Citazioni principali dalle fonti bibliografiche